19/01/2018 - Documento del Consiglio Direttivo della Camera Penale Milano


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Prime osservazioni in merito alla riforma dell’ordinamento penitenziario

Lo scorso 22 dicembre il Consiglio dei Ministri, ha approvato, in esame preliminare, il decreto legislativo che, in attuazione della legge sulla riforma della giustizia penale (legge 23 giugno 2017, n. 103), introduce disposizioni volte a riformare l’ordinamento penitenziario. Il decreto è frutto del lavoro delle sottocommissioni nominate dal ministro Orlando per dare attuazione alla delega.

La delega in realtà era più ampia rispetto a quanto poi previsto nel decreto del 22 dicembre. Alcune materie infatti, forse per problemi di copertura finanziaria, non sono state al momento recepite dal decreto, nonostante il lavoro di tutte le sottocommssioni fosse giunto al termine. Non sono state affrontate le riforme relative al lavoro in carcere (che peraltro conteneva una modifica in tema di aumento della durata della liberazione anticipata), affettività in carcere, misure alternative per i minori, e nemmeno la delega prevista dall’art. 16 della riforma sulle misure di sicurezza personali.

Il testo deve ora essere esaminato dalle commissioni giustizia delle due camere. Il parere obbligatorio, ma non vincolante, delle due commissioni deve essere emesso entro 45 giorni dalla ricezione del decreto (avvenuta in data 17 gennaio). Il testo poi dovrà essere rimesso al Consiglio dei Ministri per la definitiva stesura del decreto.

 

Le materie principali affrontate nel decreto sono:

  1. la semplificazione dei procedimenti di sorveglianza;
  2. la revisione degli automatismi e preclusioni per l’accesso alle forme extra-murarie di esecuzione della pena;
  3. le modifiche dei requisiti previsti per l’accesso alle misure alternative;
  4. le modifiche all’ordinamento penitenziario in tema di trattamento penitenziario.

 

  1. semplificazione procedimenti

La novità principale è quella relativa al procedimento per la concessione delle misure alternative con pene da espiare inferiori a 1 anno e 6 mesi per i condannati in stato di libertà. È stata prevista una forma semplificata in caso di concessione di una delle misure alternative.

Il presidente del tribunale di sorveglianza, acquisiti i documenti e le necessarie informazioni, designa un magistrato, il quale, se ne ricorrono i presupposti, con ordinanza adottata senza formalità, applica in via provvisoria una delle misure alternative. L’ordinanza è comunicata al pubblico ministero e notificata all’interessato e al difensore, i quali possono proporre opposizione al tribunale di sorveglianza entro il termine di dieci giorni. Il tribunale di sorveglianza, decorso il termine per l’opposizione, conferma senza formalità la decisione del magistrato. Quando non conferma l’ordinanza provvisoria o è stata proposta opposizione, il tribunale di sorveglianza procede alla fissazione dell’udienza per la relativa discussione in merito alla richiesta di applicazione della misura.

Per i procedimenti poi avanti al Tribunale di Sorveglianza, in adesione alla copiosa giurisprudenza europea ed interna formatasi, è stata prevista la possibilità di richiedere l’udienza in forma pubblica.

 

La seconda novità di rilievo è la modifica dell’art. 656 cpp in merito alla sospensione dell’ordine di esecuzione della pena. Per i condannati in stato di libertà il limite della pena per la sospensione è stato innalzato a 4 anni. Si trattava di una riforma attesa che finalmente pone fine a quella discrasia tra limiti di pena che si era creata negli ultimi anni, quello per accedere alla misura dell’affidamento e quello della sospensione dell’ordine.

Non sono però state riviste le preclusioni alla sospensione dell’ordine di esecuzione. Per i condannati per i reati di cui all’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario e per quei reati già indicati espressamente al co. 9 dell’art. 656 (423bs cp, 572 co. 2 cp, 612bis co. 3 cp, 624bis cp) rimarrà obbligatorio l’ingresso in carcere anche con pene da eseguire inferiori ai 4 anni.

Vi sono poi altre modifiche minori tra le quali certamente bisogna evidenziare il venir meno della inammissibilità dell’istanza di misura alternativa in mancanza di elezione del domicilio.

Stride invece con lo spirito della riforma la limitata facoltà di reclamo avverso i provvedimenti disciplinari. La decisione del magistrato sul reclamo non sarà più impugnabile avanti al tribunale di sorveglianza ma solo in cassazione per vizio di legge.

 

  1. revisione degli automatismi e preclusioni per l’accesso alle forme extra-murarie di esecuzione della pena

Non sono state eliminate le preclusioni all’accesso alle misure alternative, al lavoro all’esterno e ai permessi premio.

Il sistema delle preclusioni è però stato rivisto. Sono state confermate le preclusioni assolute, salvo i casi di collaborazione con la giustizia, in ordine ai condannati per delitti di mafia e terrorismo. Ma al contempo sono state ridotte le altre ipotesi preclusive specifiche.  Confermate quelle di cui agli art. 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù), 600 bis, comma 1 (prostituzione minorile), 601 (tratta di persone), 609 octies (violenza sessuale di gruppo). Per le altre ipotesi delittuose indicate, la preclusione rimane solo se collegate a fattispecie associativa e per un ruolo di rilevanza all’interno della stessa. In linea con tale impostazione anche per l’associazione connessa ai reati con finalità di spaccio (art. 74 dpr 309/90), la preclusione ai benefici è stata mantenuta solo in relazione al co. 1.

Per quanto poi riguarda le fattispecie previste nel co 1 ter dell’art 4 bis, ipotesi delittuose per le quali l’accesso ai benefici è subordinato alla insussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o terroristica, il nuovo testo sembra attribuire all’autorità giudiziaria un onere di allegazione circa la esistenza di questi collegamenti (“salvo che siano stati acquisiti elementi che indichino la sussistenza di collegamenti”).

Recependo poi un indirizzo ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità è stato previsto lo “scioglimento del cumulo”. La pena relativa ai reati indicati nel’art. 4 bis si considera espiata per prima, quando da ciò ne derivano effetti favorevoli al condannato.

Per quanto riguarda i singoli benefici da segnalare la limitazione del “lavoro all’esterno” e dei “permessi premio” ai soli condannati per i reati previsti nel co. 1 dell’art. 4 bis e l’eliminazione della preclusione per i recidivi.

È stato infine modificato l’art. 58 quater in tema di divieto di concessione dei benefici. Sono state abrogate le preclusioni per il condannato riconosciuto colpevole del reato di evasione, per quello al quale sia stata revocata una misura alternativa e per quello al quale sia stata applicata la recidiva.

 

  1. modifiche dei requisiti previsti per l’accesso alle misure alternative

Affidamento in prova.

È stata innalzata per tutte le ipotesi ad anni 4 la soglia di accesso alla misura (non è più previsto in tal caso un comportamento favorevole alla prognosi di rieducabilità serbato per almeno 1 anno precedente la richiesta della misura).

Per coloro che richiedono l’affidamento, ma sono privi di una abitazione, è stata poi prevista la possibilità di accedere per l’esecuzione della stessa ad un luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza o ad un luogo di dimora sociale.

Sicuramente rilevante la modifica apportata in relazione al requisito per richiedere l’applicazione provvisoria della misura al magistrato di sorveglianza. Al comma 4, secondo periodo dell’art. 47, le parole “quando sussiste un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione” sono sostituite dalle seguenti: «quando lo stato di detenzione determina un grave pregiudizio al percorso di reinserimento sociale”.

Si tratta di una modifica che dovrebbe potenziare il potere di concessione della misura in via provvisoria, nella pratica ora di difficile concessione, stante la difficoltà oggettiva in ordine alla prova della sussistenza del pregiudizio derivante dalla protrazione della detenzione.

Sono state meglio specificate le prescrizioni che il condannato dovrà osservare nel corso della misura. Si tratta di prescrizioni molto più dettagliate rispetto alla precedente formulazione. Alcune di queste devono essere sempre imposte nel momento di concessione della misura. Sono quelle indicate nel nuovo comma 5 dell’art 47 op, relative ai rapporti da tenere con l’ufficio dell’esecuzione penale esterna (lett. a), all’indicazione di una dimora (lett. c), e all’impegno ad elidere le conseguenze del reato, indirizzato anche in favore della vittima (lett. g - h).

Da notare dunque che la prescrizione dello svolgimento di attività lavorativa (lett. e) non rientra nel novero delle prescrizioni minime necessarie.

Si sottolinea infine che il buon esito della misura oltre a determinare l’estinzione della pena e di ogni altro effetto penale, comporterà anche la revoca delle misure di sicurezza personali applicate in sentenza.

È stata inoltre introdotta una nuova misura di affidamento in prova per i condannati con infermità psichica. Si tratta di una misura concedibile ai condannati per i quali tale infermità è stata già riconosciuta in sentenza ai sensi degli art. 89 e 95 cp o sopravvenuta al momento della sua esecuzione (147 co. 1 numero 2 cp). In questi casi si può richiedere di essere affidati in prova per proseguire od intraprendere un programma terapeutico e di assistenza psichiatrica concordato con le istituzioni sanitarie. L’affidamento può essere concesso per pene da scontare inferiore a sei anni o quattro per i reati di cui all’art. 4bis comma 1.

 

Detenzione domiciliare

La modifica principale è sicuramente quella relativa all’innalzamento da 2 a 4 anni del limite per l’accesso alla misura.

È stato inoltre abrogata la preclusione della recidiva e della dichiarazione di abitualità, professionalità o di tendenza a delinquere per l’accesso alla misura disposta per i condannati ultrasettantenni.

Come per la misura dell’affidamento è stata prevista la possibilità di accedere a luoghi pubblici di accoglienza o di dimora sociale dove poter eseguire la misura. Si tratta questa di una disposizione che cerca di risolvere uno dei problemi che maggiormente affliggono e limitano il sistema dì accesso alla detenzione domiciliare allorché il richiedente sia una persona sprovvista di una propria abitazione o di altro domicilio idoneo.

 

Semilibertà.

La riforma ha inciso sulle preclusioni limitandole alle sole ipotesi previste dall’art. 4bis co. 1 e per i condannati all’ergastolo ha inserito un presupposto alternativo per la concessione della misura oltre a quello dell’espiazione di almeno venti anni di pena. Potrà essere ammesso anche l’ergastolano che “abbia fruito correttamente per almeno cinque anni consecutivi dei permessi premi”.

 

Liberazione condizionale

Tale istituto viene espunto dal codice penale ed inserito nel corpo dell’ordinamento penitenziario. Nella definizione dei presupposti, il concetto di ravvedimento viene eliminato, attribuendo rilevanza, in linea con la relativa elaborazione giurisprudenziale, alla valutazione dei risultati del trattamento ed alla loro idoneità a delineare il raggiungimento dell'obiettivo della risocializzazione. Si valorizza inoltre in modo specifico la costante disponibilità del condannato a svolgere attività in favore della collettività e l'avvio di percorsi di giustizia riparativa.

I limiti di pena per la concessione rimangono gli stessi indicati negli articoli abrogati, ma è stata abolita la diversa modulazione di pena per i recidivi. Per i condannati all’ergastolo è poi prevista la possibilità di accedere alla misura in caso il condannato “abbia sperimentato in modo positivo e costante il regime di semilibertà per almeno cinque anni consecutivi

 

Ultima modifica di rilievo in merito all’accesso alle misure alternative è quella relativa allo straniero privo del permesso di soggiorno. Anche in tal caso si è data attuazione ad un principio giurisprudenziale consolidato riconoscendo allo straniero privo di permesso la possibilità di stipulare contratti di lavoro nel caso la misura alternativa preveda lo svolgimento di attività lavorativa.

 

  1. modifiche all’ordinamento penitenziario in tema di trattamento penitenziario.

L’ultima parte del decreto è dedicata alle modifiche in tema di trattamento penitenziario. Si tratta di novità di sicura importanza. Si è cercato, anche attraverso affermazioni di principio, di riportare al centro della definizione di trattamento la finalità rieducativa della pena prevista dalla nostra costituzione. Il trattamento deve tendere “prioritariamente” al reinserimento sociale del condannato, favorendo i contatti con l’ambiente esterno e l’accesso alle misure alternative.

Nel nuovo testo dell’art. 1 dell’ordinamento penitenziario vengono poi garantiti i diritti fondamentali anche per le persone detenute, con il divieto assoluto di ogni violenza fisica e morale in loro danno. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con l’esigenza di mantenimento dell’ordine e della disciplina. La sorveglianza delle persone deve avvenire nel rispetto dei princìpi indicati nelle regole penitenziarie del Consiglio d’Europa e con modalità tali da consentire ai detenuti e agli internati di trascorrere la maggior parte della giornata fuori dalle aree destinate al pernottamento anche al fine di favorire i rapporti interpersonali e l’osservazione del comportamento e della personalità.

In attuazione di tali petizioni di principio sono quindi stati modificati alcuni aspetti della vita carceraria. Si è raddoppiato il numero minimo di ore d’aria giornaliere garantite ai detenuti (da due a quattro) da usufruire in appositi spazi idonei; sono state introdotte nuove disposizioni per garantire l’assegnazione ed il trasferimento dei detenuti ad istituti il più possibile vicino alla stabile dimora della famiglia o, se individuabile, al proprio centro di riferimento sociale; sono state introdotte maggiori tutele per le detenute con figli di età inferiore ai tre anni; è stato ampliato il diritto al colloquio, alla corrispondenza e alla informazione, introdotte maggiori garanzie anche per i condannati sottoposti a periodo di isolamento. Sono infine stati previsti limiti alle perquisizioni personali che devono comunque essere eseguite in modo tale da non ledere la dignità umana, devono essere eseguite da personale sanitario quando effettuate su parti intime e in ogni caso deve essere redatto verbale in cui sono descritte le modalità con cui sono state eseguite e indicate le ragioni che le hanno determinate.

 

È stato inoltre rimodellato l’art. 13 dell’ordinamento penitenziario dedicato alla individualizzazione del trattamento. Il trattamento penitenziario deve “rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto, incoraggiare le attitudini e valorizzare le competenze che possono essere di sostegno per il reinserimento sociale”.

L’obiettivo dell’osservazione scientifica è quello di rilevare le carenze psicofisiche o le altre cause che hanno condotto al reato e proporre un idoneo programma di reinserimento. L’osservazione deve offrire al condannato l’opportunità di una riflessione sul fatto criminoso commesso e sulle conseguenze patite dalla vittima nonché sulle possibili azioni di riparazione.

Si è poi fissato in mesi sei il termine per la formulazione del primo programma di trattamento per rendere effettiva la predetta osservazione.

 

Ultima novità da segnalare in tema di modifiche del trattamento penitenziario quella relativa ai cosiddetti “permessi di necessità”.  Tali permessi potranno essere concessi eccezionalmente per eventi familiari “di particolare rilevanza” oltre che per quelli di eccezionale gravità. Tale novità potrà consentire ai detenuti di partecipare ad eventi, pure non traumatici, che possono avere uno speciale significato nella vita di una famiglia.

 

Si tratta dunque di una riforma dell’ordinamento penitenziario molto complessa che finalmente cerca di dare piena attuazione al principio costituzionale di rieducazione della pena, sia attraverso l’ampliamento della possibilità di accesso alle misure alternative e la semplificazione delle procedure per la loro concessione, che attraverso una rivisitazione del trattamento penitenziario.

Resta non superata la questione delle preclusioni ai benefici penitenziari, in quanto queste sono state certamente limitate, ma non abrogate. Così come non si è affrontata la tematica dell’ergastolo ostativo. E nessuna modifica è stata poi apportata in relazione alle preclusioni per la sospensione dell’ordine di esecuzione per i condannati in stato libertà, i quali, anche se destinatari di pene contenute e comunque inferiori ai 4 anni, dovranno necessariamente passare dal carcere prima di poter accedere ad una misura alternativa.

Milano, 19 gennaio 2018

                                                                                                           Il Consiglio Direttivo